mercoledì 16 febbraio 2011

Le lotte dei precari della scuola: storia del passato e prospettive del futuro

Un articolo sui precari della scuola per la rivista specializzata "L'informatore scolastico".
Chi fosse interessato alla lettura dell'articolo lo può trovare qui
http://bru64.altervista.org/informatore1.pdf


di Brunello Arborio



La scuola pubblica statale negli ultimi anni ha subito un attacco durissimo: la legge 133/08 ha tagliato 8 miliardi di euro e 150.000 posti di lavoro, la legge 169 ha cancellato la positiva esperienza della scuola primaria, la riforma della secondaria toglie discipline e riduce arbitrariamente il tempo scuola. Alle famiglie si tolgono il tempo pieno e le ore di sostegno, inoltre si chiede di supplire al mancato finanziamento da parte dello Stato con il versamento di un contributo “volontario”, scaricando così i costi della scuola pubblica sui genitori, che già la finanziano attraverso la fiscalità generale. In compenso le scuole private, quelle per le classi sociali alte, sono generosamente finanziate. Nella scuola pubblica si continua a fare lezione in classi sovraffollate e strutture fatiscenti, con grandi difficoltà a garantire un aiuto adeguato agli studenti diversamente abili, già così penalizzati dalla vita. I più danneggiati dall’azione governativa sono i precari della scuola, molti dei quali hanno più di 45 anni e più di 15 anni di servizio, sono assunti a settembre per essere licenziati a giugno, non hanno scatti stipendiali di anzianità essendo sempre pagati come neoassunti, hanno molti meno diritti
dei docenti di ruolo per quanto riguarda ferie e malattie, devono ogni anno lasciare la loro classe e la loro scuola per ricominciare tutto daccapo senza alcuna possibilità di svolgere un lavoro continuo.
Avere alle spalle anni e anni di insegnamento precario vuol dire aver acquisito la capacità di adeguarsi velocemente ad ambienti e situazioni diverse, spesso “di frontiera”, dove la percentuale dei docenti precari raggiunge punte molto elevate; aver sviluppato un alto grado di flessibilità nella strategia didattica; conoscere davvero il variegato mondo della scuola italiana; possedere la capacità di pensare secondo categorie che rappresentano, nell’attuale panorama, una vera punta di eccellenza: se il ministro avesse bisogno di un’analisi dettagliata e reale del sistema scuola in tutta la sua complessa realtà, dovrebbe rivolgersi ai precari, che
ne hanno scienza e conoscenza diretta, piuttosto che a “pseudo-esperti” che della scuola hanno un’astratta rappresentazione, molto distante dalla concretezza delle cose.
Per contrastare queste politiche governative i docenti precari hanno costituito il Coordinamento Precari della Scuola (CPS), incontro di coordinamenti autorganizzati su base territoriale e di
realtà virtuali, compreso il forum di discussione sul precariato scolastico creato e gestito dal sottoscritto, il Forum Precari Scuola http://bru64.altervista.org/forum/, al suo quarto anno di attività.
Il percorso è cominciato con l’assemblea del 30 novembre 2008 alla Sapienza in cui viene fondato
l’embrione del CPS, la Rete Nazionale Precari Scuola, il sito tp://retedocentiprecari.blogspot.com , il forum di discussione http://docentiprecari.forumattivo.com/, una piattaforma comune
incentrata su ritiro dei tagli, assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari sui posti vacanti e opposizione tenace ad ogni progetto di regionalizzazione e privatizzazione dell’istruzione. Il sit-in a Montecitorio del 15 luglio 2009 ottiene il riconoscimento di
un’audizione parlamentare e l’assemblea nazionale tenutasi nel pomeriggio sancisce la definitiva nascita del CPS, con tanto di bandiera e maglietta ufficiali, simboli che servono a ribadire la totale autonomia del movimento da sindacati e partiti. A seguire, l’occupazione di provveditorati, cortei spontanei, presidi, fino alla grande manifestazione del 3 ottobre 2009 e all’allargamento dell’orizzonte del CPS, attraverso il confronto con gli studenti medi e universitari, con le altre componenti della scuola e con tutti i lavoratori. L’attività del 2010 risulta caratterizzata dall’organizzazione di presidi e manifestazioni a sostegno dello sciopero della fame fatto da alcuni colleghi precari a fine Agosto-inizio Settembre a Montecitorio, dal blocco dello Stretto di Messina del 12 Settembre e dalla grande manifestazione nazionale del 30 Ottobre a Napoli, che ha visto la partecipazione di realtà esterne alla scuola come i comitati di abitanti di Terzino, Chiaiano e Giuliano. Dato che il CPS unisce l’obiettivo della difesa dell’occupazione con quello di un’istruzione pubblica, statale, laica e di qualità, ha aderito e partecipato alle grandi manifestazioni nazionali organizzate dalla FIOM il 16 Ottobre e dagli studenti universitari nei mesi di Novembre e Dicembre 2010.
A Giugno del 2010, durante un’assemblea nazionale tenutasi a Bologna, il CPS elabora un manifesto programmatico, una sorta di carta di identità del movimento, in cui ribadisce di essere “un movimento trasversale a tutti i partiti e tutti i sindacati, luogo d’incontro tra lavoratori della scuola appartenenti a sindacati diversi e lavoratori non sindacalizzati”. Il CPS è quindi “un movimento nazionale, autonomo e autorganizzato, impegnato nella difesa dei diritti dei lavoratori precari della scuola; nella costruzione di un progetto di lotta comune con i colleghi di ruolo, le famiglie, gli studenti e i lavoratori di tutte le categorie; nella promozione di un modello di scuola pubblica statale, laica, gratuita, democratica, ispirata ai principi della Costituzione repubblicana”. Nonostante tutte le lotte portate avanti, il futuro dei precari della scuola resta molto incerto grazie all’atteggiamento irresponsabile dell’attuale governo: innanzi tutto l’esecutivo non ha rispettato il piano triennale di 150.000 assunzioni previsto dal governo Prodi e votato dal Parlamento
con la Finanziaria del 2007. Le assunzioni sono state 50.000 solo nel 2007, sono poi calate bruscamente a 25.000 nel 2008, per poi ridursi ad un’elemosina con il governo Berlusconi che ne ha fatte 8.000 nel 2009 e 10.000 nel 2010. Mancano quindi decine di migliaia di posti ad un piano di assunzioni che doveva essere completato nel 2009. Per i circa 20.000 precari che hanno perso il
posto di lavoro a causa dei tagli agli organici è prevista una legge che è stata beffardamente chiamata salvaprecari, che in realtà non aggiunge un soldo a quanto viene stanziato per il sussidio di disoccupazione e che garantisce solo il punteggio. Il salvaprecari si affida ai progetti regionali per avere finanziamenti aggiuntivi al sussidio di disoccupazione, però da molte parti non sono nemmeno partiti. Inoltre alcune proposte di legge di PDL e Lega contengono la cancellazione delle graduatorie ad esaurimento, che garantiscono criteri di valutazione oggettivi, a favore di albi regionali da cui i dirigenti scolastici potrebbero attingere seguendo criteri clientelari e nepotistici. Per ora non è stata approvata nessuna legge di questo tipo, ma se ciò avvenisse colleghi con decine di anni di lavoro e di sacrifici si ritroverebbero equiparati ai neolaureati e sottoposti alla totale discrezionalità dei dirigenti scolastici. Nonostante tutti questi problemi la chiusura del ministro verso una qualsiasi forma di dialogo con la categoria è stata totale: basta leggere le dichiarazioni rilasciate il 2 settembre 2010, quando ha affermato che è impossibile assumere
tutti i precari e che la colpa del precariato della scuola è dei governi precedenti, dimenticando che Berlusconi ha governato l’Italia dal 2001 al 2006.
Inoltre la Gelmini si è rifiutata di ricevere i precari che stavano facendo lo sciopero della fame a Montecitorio proprio in quel periodo affermando che sono politicizzati. Sul futuro dei precari la Gelmini ha fatto solo vaghe promesse, senza prendere alcun impegno concreto. Alcune speranze stanno arrivando dai tribunali: a Siena un collega precario è stato immesso in ruolo dal giudice, bisogna però aspettare l’esito dell’appello proposto dal MIUR.
Inoltre il governo ha approvato nella legge Sacconi il termine ultimo del 22 Gennaio 2011 per ricorrere contro i contratti a tempo determinato. Questa legge, che comunque è stata impugnata davanti alla Corte Costituzionale, ha quindi costretto decine di migliaia di precari a coalizzarsi in una class action contro il MIUR aderendo ai ricorsi dei sindacati e del CODACONS. In diverse occasioni il MIUR è stato condannato per il taglio delle ore del sostegno da sentenze del TAR ed un’importante sentenza della Corte Costituzionale ha ribadito che l’organico degli insegnanti di sostegno non può essere stabilito a priori senza tenere conto delle effettive esigenze degli studenti. Il TAR ha anche condannato il MIUR a non creare classi troppo numerose grazie ad una class action promossa dal CODACONS.
Nonostante tutte le difficoltà e le chiusure la lotta dei precari continuerà, non si può restare indifferenti. Oltre che il posto di lavoro bisogna continuare a difendere la scuola pubblica statale come baluardo della democrazia e provare ad immaginarla e a costruirla come dovrebbe essere: con classi non affollate, dove sia possibile svolgere un reale lavoro di formazione seguendo tempi e difficoltà di tutti gli alunni; con spazi, luoghi e tempi dove praticare una didattica diversa, aperta a tutte quelle forme laboratoriali ed alternative che sono necessario supporto e complemento di un percorso formativo, con momenti e strumenti di inclusione per tutti i soggetti che la scuola la vivono e la costruiscono e con la giusta attenzione alle situazioni di disagio.
Una scuola capace di progettare e di costruire tutto questo può esistere soltanto qualora per essa si investa in termini di mezzi e risorse: ogni riforma o pseudoriforma che in questi ultimi anni è stata realizzata nel campo dell’istruzione, invece, è stata sempre fatta rigorosamente a costo zero o addirittura sottraendo le risorse esistenti. Ciò ha gradualmente contribuito a svilire e ad umiliare la scuola. Il sistema istruzione richiede stabilità e valorizzazione del personale, investimenti, capacità di ascolto e di elaborazione, affinché possa essere messo in grado di svolgere appieno la propria funzione di luogo dialetticamente capace di costituirsi per le generazioni di questo paese come centro principale della formazione. E’ evidente, infatti, che l’assenza di investimenti nel settore della conoscenza, con tutte le conseguenze che porta con sé, mette a serio rischio non solo i diritti al lavoro e all’istruzione, ma il futuro stesso del nostro Paese.

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